LIDL in Francia dice “no” alle uove di galline allevate in gabbia

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By lotta75

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galline

Una scelta etica va sempre nella buona direzione anche se a volte comporta qualche sacrificio. Soprattutto nel settore del commercio, spesso le offerte sono programmate in base alla richiesta che spesso e volentieri mira al prezzo migliore. Ecco perché è difficile avviare un’inversione di marcia, in un periodo di crisi, in cui le famiglie faticano ad arrivare alla fine del mese, figuriamoci se fanno attenzione all’etichetta, controllando se il prodotto acquistato rispetti determinati requisiti per l’ambiente o a favore del benessere animale. Inoltre, le stesse aziende, non sempre si adeguano alle nuove normative e per creare una produzione nuova dovrebbe ricorrere ad investimenti anche ingenti, non alla portata di tutti i produttori. Tuttavia, sono anni ormai che si sente parlare del tema dell’ecologia e nella catena della grande distribuzione stanno arrivando prodotti ecosostenibili anche se al momento con prezzi piuttosto esclusivi. Scegliere un prodotto in base ad un’etica, nonostante il prezzo, contribuisce però a far passare un messaggio diverso e magari, da un punto di vista individuale a contenere gli sprechi.

In questo ambito, la Lidl in Francia ha fatto un passo da gigante e ha annunciato non solo di eliminare le uova prodotte in allevamenti a gabbie, ma anche tutti i prodotti che utilizzano questo tipo di materia prima. Ovvero, Lidl, come segnala l’associazione L214, è il primo marchio che in Francia si è impegnato a vendere nei suoi supermercati solo prodotti che utilizzano uova di allevamenti a terra, come ad esempio nella pasta, nei dolci, biscotti o salse, ecc.

Lidl prevede di rivoluzionare i suoi prodotti entro il 2020 nel settore della trasformazione ed  entro il 2025 per il reparto uova.

Si tratta di un cambiamento promosso dalla Open Wing Alliance e una serie di associazioni come la L214 in Francia che nel mondo si stanno battendo per eliminare gli allevamenti in gabbia. Oltralpe, altre catene di supermercati come Monoprix, Aldi, Atac e Norma si sono impegnati a non vendere uova prodotti in allevamenti di galline in gabbia.

La L214 ha commentato che “se anche il discount cambia i livelli delle esigenze, gli altri marchi non hanno più scuse per continuare a vendere uova prodotte in allevamenti in gabbia”, dove vi è violazione del benessere animale come emerso in numerose inchieste della stessa associazione.

 

Nel mese di settembre,  la Compassion In World Farming Italia (Ciwf Italia)  denunciò che in Italia, oltre il 60% delle galline è ancora allevato in gabbia e circa l’80% della produzione andrebbe nel settore della trasformazione di ovoprodotti, per i quali non è prevista l’etichettatura secondo il metodo di allevamento.

La Ciwf aveva ricordato che la legislazione europea ha proibito le gabbie “convenzionali” a partire dal primo gennaio 2012. Tuttavia, si tratta di una normativa, che consente ancora le gabbie “arricchite”, ovvero migliorate rispetto a quelle convenzionale, ma che, secondo le associazioni, non garantiscono il benessere delle galline.

“Sempre più aziende nel mondo stanno dimostrando un serio interessamento per il benessere di polli e galline negli allevamenti: negli Usa come in Canada, in Germania come in Olanda e in Francia, grandi aziende come McDonald’s e Walmart, stanno iniziando a migliorare in maniera sostanziale le condizioni di vita degli animali allevati”, dichiarò Elisa Bianco, responsabile europeo per il settore alimentare di Ciwf, ricordando che in Germania, “dal 2012 tutti i supermercati hanno smesso volontariamente di vendere uova da galline in gabbia e il governo tedesco si è impegnato a eliminare questo tipo di allevamento entro il 2028”.

Nel Belpaese, la prima grande azienda della ristorazione che si è impegnata a non utilizzare più uova da galline allevate in gabbia, né per le uova in guscio, né per l’ovoprodotto è stata la Camst che acquista ogni anno dai propri fornitori di uova, tutti operanti sul territorio nazionale, oltre 300.000 uova in guscio (pari al 25% sul totale di uova in guscio acquistate) e circa 200.000 kg di ovoprodotti (pari al 30% sul totale di ovoprodotto acquistato) provenienti da galline non allevate in gabbia (a terra, all’aperto e biologico).

Le associazione sperono che entro il 2025 siano eliminati gli allevamenti di galline in gabbia, nella direzione di una scelta etica e responsabile a tutela del benessere degli animali.

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