Gabbie infernali quelle degli zoo; dove gli animali dimenticano la vita

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By Loriana Lionetti

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Educare i bambini alle molte specie con cui condividiamo questo pianeta è la chiave per la futura conservazione. Lo zoo non è sicuramente il modo adatto.

Sebbene molte persone credano che lo zoo sia un’esperienza educativa, gli studi hanno dimostrato che i bambini che visitano lo zoo non dimostrano ulteriore conoscenza della conservazione o della comprensione degli animali che hanno osservato.

Infatti gli zoo non solo non riescono a insegnare ai bambini  quali siano gli animali selvaggi, ma perpetuano l’idea che questi animali selvatici  siano qui per il nostro intrattenimento e divertimento.

L’inferno per gli animali selvatici

Gli animali che vivono in gabbia portano con loro una tristezza inaudita, sfruttati e abusati, solo per il mero divertimento dell’essere umano, sono costretti a passare tutta la loro vita in una gabbia molte volte troppo piccola, con la consapevolezza che non riusciranno mai uscire da quell’inferno nel quale l’uomo l’ha rinchiusi.

 Lo racconta nel progetto Life in Chains, il fotografo Louis Supple. «Tutti noi possiamo fare qualcosa perché questo business finisca»

Life in Chains è un progetto ancora in corso che mostra, tramite le foto, in maniera molto dettagliata, le condizioni di vita in cui sono costretti gli animali rinchiusi nelle gabbie degli zoo della Thailandia.

La Thailandia è considerata un paradiso dai trafficanti illegali di fauna selvatica. Solo nel 2007 è stata visitata da più di 35 milioni di turisti che volevano il selfie perfetto con un qualsiasi animale dietro le sbarre.

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 Quale vita conducono gli animali lì dentro?

il fotografo inglese risponde:

«Gli animali coinvolti in questa industria del turismo vivono in condizioni spaventose. Trascorrono tutta la vita in minuscole gabbie e recinti, incatenati al pavimento e con il minimo contatto sociale di altri animali della loro stessa specie. La loro qualità della vita è inesistente. Subiscono enormi danni psicologici, non solo a causa degli habitat artificiali in cui sono costretti, ma in molti casi, anche per il modo in cui sono finiti lì dentro. Insieme a numerosi animali prelevati dalle loro famiglie in giovane età».

«Alcuni animali presenti negli zoo, per esempio le tigri, sono cresciute sempre in cattività. Solitamente trascorrono i primi anni di vita ad essere impiegati come animali da fotografia. Quando diventano adulti non sono più considerati abbastanza carini per le foto insieme ai turisti e allora vengono chiusi in gabbia e lì resteranno fino alla fine dei loro giorni. Gli elefanti solitamente sono presi dal loro habitat naturale. Il bracconaggio causa danni psicologici e fisici profondi a questi animali. Il baby elefante viene quindi strappato via dalla sua famiglia e inizia per lui il Phajaan. Letteralmente il processo di rottura della sua anima. Viene rinchiuso in un minuscolo recinto all’interno del quale non può muoversi, senza cibo e senza acqua per diversi giorni. Viene picchiato e torturato così da installare dentro di lui la paura. Alla fine, sarà pronto per essere addestrato a qualsiasi cosa desideri il proprietario».

“Credo che se le persone sapessero davvero cosa finanziano con i loro soldi quando pagano per questo tipo di turismo, e cosa c’è davvero dietro quelle sbarre, ci penserebbero due volte”.

e voi ? volete ancora portare i vostri figli allo zoo?

L.L.

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