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Perché gli scienziati vogliono portare un gatto in Antartide e perché alcuni sono contrari

Gli scienziati valutano l’ipotesi di portare un gatto in Antartide: i pro e contro di tale scelta potrebbero decidere le sorti della ricerca.

Felino sulla neve (Pixabay ivabalk – Amoreaquattrozampe.it)

La fragilità dell’ambiente in Antartide e le interazione dei suoi visitatori hanno comportato un significativo cambiamento a partire dalla fine del secolo scorso. Un’importante e sempre più netta modifica riguardante, ad esempio, la frequentazione del luogo degli esseri umani, è – ad esempio – riconducibile alla diminuizione dei cani da slitta. A questi ultimi, attualmente sostituiti da mezzi di trasporto di uso comune, si aggiunge anche il calo della presenza di animali domestici importati da altre parti del mondo, come – ad esempio – i gatti.

Perché gli scienziati vogliono portare un gatto nella base in Antartide: i pro e i contro

A tal proposito si colloca – in questi mesi – il desiderio espresso da un ricercatore in Neuroscienze. Il ragazzo, proveniente dalla Duke University, ha da poco visto la sua gatta Luna attraversare il Ponte Arcobaleno. Mantenendo quindi vivo questo ricordo, il giovane ricercatore pensa oggi di portare con sé un altro gatto in Antartide. La sua storia pare sia stata raccontata, proprio in questi giorni, in diretta dalla base statunitense di McMurdo.

McMurdo (Pixabay – Amoreaquattrozampe.it)

Secondo il ricercatore in Neuroscienze, data la scarsità di animali domestici in Antartico e, soprattutto, le conseguenze sull’umore che le rigide temperature impongono ai residenti in quelle zone, l’idea di poter contare sulla compagnia di un felino durante il periodo delle sue ricerche sembra che potrebbe essergli di grande aiuto per riuscire a mantenere un umore stabile. Una prerogativa quindi essenziale per riuscire a portare a termine i suoi progetti scientifici al meglio e, al contempo, poter inserire al loro interno quelli che potrebbero essere gli effetti che la presenza di un animale domestico potrebbe avere sull’ambiente circostante.

Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sul tema>>> Perché i pinguini non vivono solo in Antartide

Dopo l’ultima scoperta degli studenti, il progetto sull’adozione di un gatto da ospitare all’interno della base statunitense è stato presentato dal ricercatore alla comunità locale. L’idea non ha potuto fare a meno di suscitare un curioso interesse anche nei residenti della località e alcune legittime controversie.

Il futuro del gatto in Antartide: tra ricerca e benessere emotivo

Qualora la proposta venisse accettata, il ricercatore ha ipotizzato che il gatto adottato dalla comunità rispetterà le linee guida previste per il mantenimento della salvaguardia della fauna locale. Ad esempio, per evitare di mettere a rischio le specie attualmente esistenti, a causa – in primis – del propagarsi delle malattie infettive ad esso connesse, come la toxoplasmosi, sarà lui stesso ad agire in modo che le linee guida del progetto sinao adeguate o che, quantomeno, contengano al loro interno l’opzione di tenere il gatto all’interno della base. L’idea di partenza sarebbe quella di dedicare al gatto una stanza appositamente per lui e, ovviamente, assicurandosi di riservare a lui le giuste attenzioni.

Felino in attesa (Pixabay Martadireja – Amoreaquattrozampe.it)

Rispettando quindi i limiti imposti dal Trattato Antartico (1959), che prevede delle ferree limitazioni sulla presenza di animali domestici in quelle zone, con il fine di proteggere la sua già tanto fragile biodiversità, non resta che sperare che – oltre ai residenti delle comunità locali – anche i principali organi scientifici di riferimento possano acconsentire al progetto, trattandosi – in particolar modo – di una proposta che potrebbe condizionare in positivo i futuri esiti della ricerca scientifica sul campo.

Giada Ciliberto

La scrittura rappresenta per me un imprescindibile flusso vitale.  Il mio percorso nella Comunicazione inizia con BEJOUR (Become a journalist in Europe) - conclusosi nel 2020 presso il Dipartimento CORIS dell'Università La Sapienza. Tra i miei ulteriori interessi ed esperienze rientrano laboratori di scrittura creativa, di teatro, e altre attività legate alla scrittura per immagini.  Sono dell’idea che le creature del mondo animale sappiano ascoltarci anche quando restiamo in silenzio. In ognuna di loro abita un’anima sensibile, per tal ragione tangibile e meritevole di rispetto. Amo osservare e analizzare ciò che mi circonda, viaggiare senza una meta precisa. Credo nel potere anti-anestetico dell’arte e nell’energia potente e costruttiva che deriva dal lavorare a contatto con la natura e con tutte le persone che non hanno mai smesso di dialogare con il loro bambino interiore. 

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