Sembra un gesto d’affetto, ma troppo amore può uccidere: cosa succede davvero quando nutriamo gli animali nei parchi e nei boschi
Offrire cibo a un animale selvatico può sembrare un gesto tenero e pieno d’amore. Un modo per entrare in contatto con la natura, per sentirsi parte di un mondo più autentico, o semplicemente per rendere speciale una passeggiata in montagna, una gita in un parco o una vacanza. Ma ciò che molti non sanno – o fanno finta di non sapere – è che troppo amore può uccidere. Non è solo una metafora: è una realtà documentata da studi scientifici, tragicamente confermata da fatti concreti.

Un nuovo studio guidato da Shermin de Silva, dell’Università della California a San Diego, ha osservato per anni gli elefanti del Parco Nazionale di Udawalawe, nello Sri Lanka, analizzando le conseguenze dell’interazione con i turisti. Gli elefanti che ricevevano cibo dagli esseri umani hanno iniziato a sviluppare comportamenti innaturali e pericolosi.
Hanno smesso di cercare il proprio cibo, si sono avvicinati sempre più alle strade, alle recinzioni, e hanno imparato a mendicare o rubare cibo dagli uomini. Alcuni sono diventati aggressivi, altri hanno trovato la morte. Anche tra le persone ci sono state vittime. Una catena di eventi che nasce da un errore comune: confondere l’affetto per gli animali con un bisogno di interazione che appartiene più a noi che a loro.
Cosa succede agli animali selvatici quando ricevono cibo dagli esseri umani?
Questo studio, pur ambientato in Asia, è un campanello d’allarme per l’Europa e per l’Italia. Anche qui vediamo quotidianamente caprioli che si avvicinano ai centri abitati, cinghiali che rovistano nei cassonetti, gabbiani che rubano cibo dalle mani dei turisti. Scene sempre più frequenti, che spesso ci fanno sorridere. Ma non c’è nulla da ridere. Perché troppo amore può uccidere anche nei nostri boschi, nei parchi nazionali, sulle coste o perfino nei giardini pubblici.

Gli animali selvatici imparano in fretta. Se trovano una fonte di cibo facile, la sfruttano. Ma così facendo smettono di svolgere il loro ruolo nell’ecosistema, perdono la capacità di nutrirsi da soli, diventano dipendenti dagli esseri umani. E questa dipendenza li rende vulnerabili, non solo dal punto di vista alimentare, ma anche sanitario. Il cibo umano, spesso salato, zuccherato o processato, è inadatto alla loro fisiologia.
Può provocare malattie gravi o alterazioni comportamentali irreversibili. In alcuni casi, gli animali diventano così confidenti da rappresentare un rischio per la sicurezza pubblica. E allora si passa dalla foto al fucile: vengono abbattuti per “contenere il problema” che, in realtà, abbiamo creato noi.
Come proteggere davvero la fauna selvatica?
Il contatto diretto tra uomo e fauna selvatica non è solo un problema ecologico, ma anche sanitario. Le interazioni ravvicinate aumentano il rischio di zoonosi, ovvero malattie trasmissibili dagli animali all’uomo. Alimentare un animale selvatico può sembrare un gesto gentile, ma è anche un potenziale veicolo di virus e batteri. Eppure, in Italia, le norme che vietano queste pratiche sono spesso poco conosciute o ignorate. Le sanzioni sono rare e manca una vera cultura del rispetto.

Perché troppo amore può uccidere, anche quando non ce ne rendiamo conto. Ecco alcuni comportamenti che dobbiamo evitare per non compromettere la vita degli animali selvatici e la nostra:
- non dare mai da mangiare alla fauna selvatica, nemmeno una volta: basta poco per innescare un’abitudine.
- non avvicinarsi per foto, carezze o selfie: gli animali non sono attrazioni turistiche.
- non lasciare cibo o rifiuti accessibili nei pressi di sentieri, campeggi o rifugi.
- non umanizzare gli animali: non sono gattini da coccolare, ma esseri liberi con un ruolo importante nell’ecosistema.
- non giustificare questi comportamenti con l’educazione dei bambini: il rispetto si insegna con l’esempio, non con il contatto forzato.
Amare davvero gli animali significa lasciarli liberi. Osservarli nel loro ambiente naturale, senza interferenze, è un privilegio e una lezione di rispetto.
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Educare soprattutto i più giovani e i turisti a questo approccio è oggi una priorità assoluta. Perché troppo amore può uccidere, ma la consapevolezza può salvare.