La denuncia a un allevamento di cani di razza Beagle usati per la ricerca: “Non vedranno mai il cielo, devono essere salvati”.
Un duro scontro si è acceso in Wisconsin contro Ridglan Farms, uno dei più grandi allevamenti di cani negli Stati Uniti destinato alla ricerca scientifica. La struttura, specializzata nell’allevamento di Beagle, è stata al centro di una denuncia che ha portato due supervisori della contea a chiederne la chiusura immediata e l’affidamento degli animali allo Stato.
I supervisori della contea di Dane, Rick Rose e David Boetcher, hanno visitato Ridglan Farms a settembre 2025. La visita è scaturita dalle oltre 300 violazioni del codice sanitario animale dello Stato contestate all’azienda, a cui è stata inflitta una multa di più di 55.000 dollari.
Al termine dell’ispezione, i due hanno redatto una relazione in cui chiedono al Dipartimento dell’Agricoltura di revocare la licenza a Ridglan Farms. L’elemento più drammatico, come ha spiegato il supervisore Rose a Fox News, è la condizione di vita degli animali. “Mi ha colpito pensare che questi cani non vedranno mai la luce del giorno se non saremo in grado di approvare questa risoluzione, andare avanti e aprire quelle porte,” ha dichiarato Rose.
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Le problematiche di Ridglan Farms non sono una novità. L’allevamento è sotto stretta sorveglianza da parte degli attivisti per i diritti degli animali dal 2017. In quell’anno l’organizzazione Direct Action Everywhere denunciò cani reclusi in gabbie metalliche all’interno di capannoni senza finestre, tenuti in condizioni di sporcizia e con ferite alle zampe non curate. Lo scorso anno, nel 2024, un ex dipendente ammise pubblicamente di aver reciso le ghiandole palpebrali gonfie dei cani (il cosiddetto “occhio a ciliegia”) usando semplici forbici e senza alcun antidolorifico. Secondo l’organizzazione di tutela animale, dai registri aziendali risulterebbe che circa 275 Beagle muoiano all’interno della struttura ogni anno.
I cani di Ridglan Farms nascono e vivono all’interno della struttura, senza mai poter vedere la luce del sole o toccare l’erba. Sebbene i supervisori abbiano ammesso che la struttura fosse “molto pulita” e “ben tenuta” al momento della loro visita – una situazione diversa dalle denunce passate – ciò non altera la realtà fondamentale: gli animali sono allevati con l’unico scopo di diventare cavie per la sperimentazione scientifica.
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Nonostante la percentuale di cani usati nella ricerca sia diminuita nel tempo, i Beagle rimangono la razza più sfruttata negli Stati Uniti, come a Ridglan Farms. Questo accade per diversi motivi: la loro docilità, la resistenza fisica e, soprattutto, un circolo vizioso legato alla ricerca stessa. Dato che molti studi precedenti sono stati condotti utilizzando i Beagle, i ricercatori tendono a impiegare la stessa razza negli studi successivi per garantire la coerenza e non rischiare di falsare i risultati.
Questo meccanismo condanna i Beagle ad essere allevati appositamente per essere venduti in grandi quantità alle aziende farmaceutiche e ai laboratori di ricerca. Purtroppo sono ancora molti oggi gli animali utilizzati a scopi farmaceutici e tenuti rinchiusi in laboratori per tutta la vita. Esempi eclatanti sono quelli degli scimpanzé (come Vanilla, che è nata nel 1995 e cresciuta in un Laboratorio di medicina sperimentale e chirurgia nei primati ed è stata liberata dopo 28 anni in gabbia) o degli orsi delle “fattoria della bile”, allevamenti intensivi di orsi tibetani. Queste fattorie, che si trovano esclusivamente nel sud-est asiatico, prevedono la cattura e la detenzione degli orsi in gabbie strettissime per estrarne la bile, ingrediente utilizzato nella medicina tradizionale cinese. I plantigradi finiscono per rimanere paralizzati a causa di anni di torture, per manifestare danni permanenti alle ossa e soprattutto a impazzire per le torture alle quali vengono sottoposti arrivando addirittura a compiere pratiche autolesioniste.
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Questioni etiche e socio-culturali riguardo l’uso degli animali da allevamento e da laboratorio sono da sempre al centro delle preoccupazioni degli animalisti. Arti Ahluwalia, come tutti gli ingegneri biomedici, la dottoressa lavora con le tecnologie più avanzate, inclusa l’intelligenza artificiale. La IA, grazie alle capacità di calcolo e di elaborazione, accelera l’analisi dei big data e dei marcatori, riducendo la necessità di esperimenti sugli animali, fino a simulare processi biologici complessi attraverso modelli computazionali avanzati senza bisogno di sperimentazione in vitro. Per garantire il benessere animale sarebbe la scelta migliore quella di sviluppare tecnologie alternative che possano sostituirli o addirittura superarli in termini di efficacia. Grazie alla potenza di calcolo e alla capacità di elaborazione, l’intelligenza artificiale accelera l’analisi dei big data e dei marcatori, fino a simulare processi biologici complessi attraverso modelli computazionali avanzati senza bisogno di sperimentazione in vitro. L’IA può essere impiegata per creare modelli più realistici della fisiologia e della patofisiologia umana e per dire basta alla sperimentazione scientifica sugli animali. (di Elisabetta Guglielmi)
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