Da dove provengono le perle? Ecco qualche curiosità e informazione sulle ostriche e sul misterioso quanto affascinante mondo marino.
Nel vederle al collo, al polso o sulle orecchie si pensa solo a un monile costoso e desiderato, ma le perle sono molto più di semplici desideri trasformati in oggetti da pagare e comprare. Le perle sono elementi di origine organica dalla struttura generalmente sferica. Nascono sui fondali di mari temperati e tropicali impiegando diversi anni. A produrle sono i molluschi, in particolare le ostriche, come meccanismo di difesa per difendere i tessuti dell’animale da corpi esterni.
Costituita da carbonato di calcio in forma cristallina deposto in strati concentrici, la perla è prodotta dai tessuti viventi dei molluschi (tipicamente le ostriche) bivalvi, dei gasteropodi e, molto raramente, dei nautiloidi. La qualità e l’aspetto della perla sono influenzati dalla salute dell’ostrica, dalle condizioni dell’acqua e dalla composizione chimica della madreperla.
Quelle che dagli umani vengono considerate solo preziose gemme utilizzate da orafi e gioiellieri per produrre monili costosi si formano grazie a un meccanismo di “reazione”, messo in atto dalle ostriche quando un frammento estraneo penetra nel guscio. Le perle sono quindi prodotte a seguito di una risposta a un’irritazione interna da parte dell’ostrica causata dall’ingresso di un corpo estraneo, solitamente un granello di sabbia, nella conchiglia. Per proteggersi, i molluschi iniziano a secernere una sostanza che alla fine ricopre il frammento e in moltissimi anni porta alla formazione della perla.
Quando il frammento di materiale estraneo penetra accidentalmente nell’ostrica si blocca tra la conchiglia stessa e il tessuto molle che riveste l’interno della conchiglia, chiamato mantello. Per evitare che l’oggetto estraneo possa irritare il mantello, l’ostrica innesca un meccanismo per cui viene prodotta una sostanza costituita da carbonato di calcio e da una proteina organica chiamata conchiolina. Questa sostanza prende il nome di nare, o più comunemente madreperla,
Nel corso degli anni, l’ostrica continua a depositare strati su strati di questa sostanza intorno al corpo estraneo per ricoprirlo. Ogni strato è estremamente sottile, ma con il tempo l’accumulo di strati forma una perla, che cresce man mano che l’ostrica continua a secernere nacre. Possono volerci tantissimi anni per creare questo piccolo oggetto tanto prezioso agli occhi degli esseri umani.
Presenti nelle aree marine temperate e tropicali, o nelle acque dolci di alcune regioni asiatiche, le ostriche producono perle o in modo naturale (estremamente rare) o perché coltivate. In questo secondo caso, è l’essere umano a forzare la natura, inserendo un nucleo estraneo all’interno delle ostriche così da far produrre loro le perle.
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Sono diverse le specie che producono perle. Un esempio sono le ostriche Akoya (Pinctada fucata martensii), che danno vita alle perle Akoya apprezzate per il loro lustro brillante e la forma rotonda. Queste ostriche sono coltivate principalmente nelle acque costiere del Giappone, in particolare nelle prefetture di Mie e Ehime.
Un’altra specie è l’ostrica a labbra d’argento (Pinctada maxima), il cui areale di diffusione è l’Australia settentrionale, l’Indonesia e le Filippine. Le perle del Mare del Sud sono famose per le loro dimensioni grandi, il loro lustro morbido e i colori che variano dal bianco all’oro.
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L’ostrica a labbra nere (Pinctada margaritifera) produce invece le cosiddette perle di Tahiti e vivono nelle lagune delle isole della Polinesia Francese. In Cina le ostriche che producono perle vivono nelle acque dolci dei laghi e dei fiumi delle regioni di Zhejiang, Jiangsu e Hunan e sono la Hyriopsis cumingii. Altra specie è l’ostrica Pinctada radiata, che produce invece le perle naturali del Golfo Persico (tra cui Bahrein, Qatar e Emirati Arabi Uniti) e del Mar Rosso. In Myanmar (Birmania) è invece presente la Pinctada maxima, che produce perle simili a quelle di Australia e Indonesia.
Conservare e tutelare forme di vita come quelle delle ostriche è importantissimo per l’equilibrio degli ecosistemi marini. . La biodiversità è a rischio così come gli ecosistemi. Nella lista rossa delle specie in via di estinzione si allunga ogni anno. Secondo le ultime ricerche apparse sulla pubblicazione scientifica statunitense, la «Science Advances», il pianeta Terra «potrebbe perdere più di un decimo delle sue specie vegetali e animali entro la fine del secolo». Gli scienziati affermano infatti che una specie su dieci si estinguerà per i cambiamenti climatici nei prossimi decenni.
Sfortunatamente, sono molte le specie marine a rischio a causa dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e della pesca, e i pesci come gli squali sono tra queste. Gli agenti inquinanti e le emissioni di CO2 secondo recenti studi porteranno infatti la Terra a perdere più di un decimo del suo patrimonio vegetale e animale e all’estinzione di una specie vivente su dieci. Per questo motivo assume grandissima importanza la salvaguardia degli oceani e del Pianeta. Le ostriche non dovrebbero essere considerate “oggetti” remunerativi per gli umani. Non sono conchiglie inanimate dispensatrici di ricchezza ma esseri viventi che vengono sfruttati dagli esseri umani e uccisi per estrarre una piccola forma sferica frutto di un lungo processo di difesa che dura anni.
L’ecosistema è un insieme naturale formato da una comunità di organismi e dall’ambiente fisico nel quale vivono. In un ecosistema ogni singola forma di vita, da quella più piccola a quella più grande, ha un suo ruolo fondamentale. A dimostrarlo ancora una volta è uno studio scientifico pubblicato sulla rivista «Science» e avente per oggetto l’ecosistema della savana.
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Le ultime ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato come una specie di formica di piccolissime dimensioni, la formica “testa grossa”, sia stata in grado di determinare un cambiamento negli alberi dell’Africa, necessari ai leoni per cacciare. L’arrivo di questa formica sta quindi trasformando l’ecosistema e le abitudini alimentari dei grandi felini africani. Come per le formiche, anche le ostriche hanno un ruolo negli ecosistemi marini. Distruggere le ostriche significa distruggere mari e oceani. (di Elisabetta Guglielmi)
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