Quali sono gli animali associati alle streghe: i più conosciuti sono i gatti neri ma non sono di certo gli unici, ecco l’elenco completo.
Ottobre è tempo di Halloween, e l’immagine della strega con il suo inseparabile gatto nero è onnipresente. Ma l’associazione tra le streghe e i loro animali, noti come famigli, è ben più antica e oscura di un semplice amore per gli amici a quattro zampe. Secondo il folclore, gufi, rospi e, sì, anche i felini, erano legati alle streghe per una ragione sinistra.
Il collegamento tra streghe e animali è magistralmente esplorato da Ronald Hutton nel suo saggio The Witch, una lettura fondamentale per chiunque voglia comprendere come la stregoneria sia stata percepita nelle diverse culture attraverso i secoli.
La connessione tra magia e animali è antica e diffusa. La si ritrova tra gli Assiri, nel folclore della Roma antica e in diverse culture mediorientali. I Romani, per esempio, credevano nelle strigi, donne-uccello dai tratti vampireschi, capaci di mutarsi in esseri alati. In altre culture, le streghe erano immaginate come donne normali accompagnate da piccoli “minions” apparentemente innocui.
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Questi non erano animali domestici qualsiasi, ma spiriti malvagi in incognito, inviati per aiutare le streghe a danneggiare gli innocenti. Poiché uno spirito non ha una forma definita, assumerne una animale era una scelta di pura praticità.
Questa convinzione fu ereditata dal Cristianesimo, che iniziò a parlare di demoni che minacciavano la gente comune agendo “sotto copertura”. L’episodio forse più influente si trova nella Vita sancti Antonii, dove si narra che il pio abate era tormentato da demoni che assumevano le sembianze di vipere, lupi, aspidi e leoni. Se il diavolo poteva assumere un aspetto animale per i suoi scopi sordidi, perché non avrebbe potuto farlo anche per influenzare gli eretici? Questa idea si diffuse significativamente durante il Medioevo, influenzando i processi contro gli eretici. Già nel 1022, a Orléans, una setta ereticale fu accusata di adorare Satana, che si manifestava ai suoi adepti in forma animale. Entro il XII secolo, divenne convinzione comune che tutti i riti ereticali fossero presieduti da un demone sotto spoglie bestiali.
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Si diffuse presto il mormorio che le streghe fossero assistite giorno e notte da piccoli “diavoli custodi” inviati per farle perseverare nell’errore. Questa credenza è già centrale nel 1324, in quello che è considerato da molti il primo processo per caccia alle streghe: in Irlanda, Alice Kyteler fu accusata di compiere riti magici con l’aiuto di un demone che le stava accanto, assumendo l’aspetto di un gatto nero, un cane scuro, o persino un uomo di colore. Il gatto nero tradizionale non era dunque un semplice animale, ma un demone in incognito. Il folclore tardo-medievale si allineava così alle antiche civiltà: gli animali che vivevano con le streghe erano in realtà quegli spiriti malvagi che conferivano loro i poteri magici.
Oltre a fornire supporto magico, i famigli avevano un’altra funzione cruciale: erano un agevole mezzo di locomozione. Mentre in Occidente si diffondeva l’idea che le streghe si recassero nottetempo ai sabba, ci si interrogava su come potesse avvenire il volo. Contrariamente alla credenza popolare, il volo sul manico di scopa è un’immagine relativamente tarda. Dietro ogni corvo, gufo o gatto nero si celava un pericoloso demone, pronto a sussurrare i suoi terribili consigli all’orecchio della “padrona”.
Per fortuna, tutte queste credenze sono ormai scomparse. I gatti neri non portano sfortuna, anzi. Il loro mantello dal colore sgargiante e la loro dolcezza li rende animali perfetti da compagnia. Perfino nei film, e in particolare anche associandolo ad una strega bella e sorridente, il gatto nero sembra aver perso la sua ‘aura’ negativa. Sulla scia di questa visione positiva del gatto nero, e anche per sensibilizzare anche gli animi di chi non solo li evita ma addirittura può far loro del male, è stato istituito il giorno del gatto nero. (di Elisabetta Guglielmi)
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