In un piccolo comune del Piemonte un cane è stato ritrovato senza vita con il corpo pieno di proiettili: si cerca la persona che gli ha sparato.

Un tragico ritrovamento scuote la tranquillità di San Martino Canavese, portando alla luce la cruda realtà della violenza e dell’abbandono che talvolta si annidano nelle zone rurali. Venerdì 5 dicembre in un campo è stato trovato il corpo senza vita di un cane. L’animale presentava una ferita profonda, dovuta sicuramente a un colpo di arma da fuoco caricata a pallettoni. Questo episodio non è solo un fatto di cronaca locale, ma riaccende un dibattito cruciale sulla tutela degli esseri viventi non umani e sulla responsabilità civica.
Tragedia in un comune del Piemonte: cane ucciso a colpi di arma da fuoco da alcuni cacciatori
La scena del ritrovamento è spoglia di particolari che possano far luce sull’identità dell’animale. L’assenza del microchip, un dispositivo obbligatorio per legge e fondamentale, rende l’animale un fantasma senza nome. Questo dettaglio non è una mera mancanza burocratica: è l’ostacolo principale per risalire a un eventuale proprietario e per ricostruire la storia del cane.

L’indagine si concentra sulla natura del danno riscontrato sul torace del cane, un foro le cui caratteristiche sono compatibili con l’esplosione di munizioni da caccia a pallettoni. Questa valutazione indirizza le indagini verso l’ipotesi di una morte causata da un atto violento. L’identificazione dell’arma, se confermata, solleva interrogativi non solo sull’atto violento in sé, ma anche sull’uso e il contesto delle armi da fuoco in quelle aree. Se si trattasse effettivamente di un colpo partito da un fucile da caccia si aprirebbero diversi scenari: dal maltrattamento intenzionale a un incidente sfortunato, fino all’uccisione gratuita e ingiustificata.

L’assenza del microchip complica la fase investigativa dato che viene meno l’unico strumento che garantisce la connessione tra l’animale e la persona legalmente responsabile della sua custodia. Le speranze si affidano alle testimonianze raccolte sul territorio, alle eventuali segnalazioni di smarrimento. Il ritrovamento di un animale deceduto in condizioni così drammatiche, con una ferita riconducibile all’uso di armi, non può essere derubricato a un evento isolato o a un dettaglio insignificante nel panorama campestre. Al contrario, è un fatto che tocca corde profonde nella percezione della sicurezza e del controllo del territorio.
Se vuoi saperne di più, leggi un nostro approfondimento sul tema >>> Sparato durante la caccia: per il cane Nathan non c’è stato niente da fare, è morto
Il caso del comune del Piemonte riapre la questione sul complesso e spesso precario equilibrio tra le attività lecite, come la caccia regolamentata e quelle illecite come il maltrattamento di animali. L’accaduto a San Martino Canavese solleva interrogativi che vanno ben oltre la singola circostanza e mettono in discussione la condotta individuale, l’efficacia dei controlli sul possesso e l’utilizzo delle armi e, in generale, la responsabilità della collettività verso gli esseri viventi più vulnerabili.
Se vuoi saperne di più, leggi un nostro approfondimento sul tema >>> Cacciatore uccide un cane nel torinese: Rocky è stato colpito al petto e non ce l’ha fatta
Numerosi aspetti devono ancora essere definiti con chiarezza. L’esame autoptico sarà fondamentale determinare se l’animale è deceduto nel luogo del ritrovamento o se è stato ferito altrove e successivamente abbandonato. Parallelamente, le indagini si concentreranno sulla ricerca di eventuali telecamere di sorveglianza lungo le vie d’accesso al campo, di testimoni che possano aver notato movimenti sospetti o di segnalazioni di spari nella zona nei giorni precedenti.

Per il momento, ciò che resta è l’immagine di un cane senza nome, la cui vita è stata spezzata a colpi di arma da fuoco. E, soprattutto, resta una domanda ineludibile, semplice e al contempo difficilissima: qual è stato il destino di quel cane, e chi ne è il responsabile? La risposta a questo interrogativo è attesa non solo per rendere giustizia all’animale, ma anche per ribadire il principio che la violenza non può restare impunita, specialmente nelle zone in cui la sorveglianza è meno intensa.
Il problema della caccia
Anche quest’anno riapre la stagione della caccia e anche quest’anno le associazioni animaliste si battono per la sicurezza e la tutela non solo degli animali uccisi dai cacciatori ma anche per le persone che sono solite passeggiare nei boschi. E così tra polemiche e discussioni prende il via il periodo in cui è ammesso dalla legge sparare ad alcune specie viventi. Il Wwf, in particolare, ha puntato l’attenzione sul problema legato alla mancata sospensione da parte del Tar, senza la quale non è possibile agire contro questo fenomeno.
Se vuoi saperne di più, leggi un nostro approfondimento sul tema >>> Stop alla violenza: dalla Lav, arrivano i primi sportelli territoriali contro i maltrattamenti degli animali
La Lega AntiVivisezione (LAV) di Torino ha espresso solidarietà e offerto la propria collaborazione per assicurare il colpevole alla giustizia. L’associazione sottolinea la pericolosità di chi maneggia un’arma con leggerezza e ribadisce: “Ancora una volta la caccia dimostra di non poter convivere con la civiltà, causando sofferenze evitabili e gratuite.” La LAV invita chiunque abbia informazioni a contattare lav.torino@lav.it, garantendo l’anonimato. (di Elisabetta Guglielmi)