Okja, un film per denunciare la piaga della macellazione intensiva

Foto dell'autore

By Gabriele

Non solo Cani e Gatti

(screenshot video)

Può un film aprire il dibattito sulla macellazione di animali? La risposta la dà Okja, un film del coreano Bong Joon Ho, prodotto da Netflix. La pellicola si avvale di un cast d’eccezione, ad esempio l’inglese Tilda Swinton è a capo delle industrie alimentari Mirando. C’è poi Paul Dano, nel ruolo del leader di un gruppo di “terroristi-animalisti”. Tra i produttori del film c’è Brad Pitt. La vicenda ruota intorno a una ragazzina, Mija, e al suo miglior amico, il super maiale Okja. La ‘favola nera’ narrata nel film sottende però una vera e propria denuncia di come la produzione industriale di carne da macello possa diventare una vera piaga. Okja infatti rappresenta il super maiale da cui partire per costruire degli allevamenti intensivi, Mija è invece la giovane eroina che deve salvarlo.

I buoni esempi vanno al di là della finzione cinematografica. Qualche settimana fa, ha fatto il giro del mondo, la nascita, che risale al mese di giugno, di un maialino venuto al mondo in Cina, con due teste. La piccola creatura a distanza di due settimane era ancora in vita, a differenza di molti casi registrati in precedenza. Un contadino, proprietario di un allevamento, ha deciso di prendersi cura di lui, strappandolo così alla macellazione. Un esempio da tenere in considerazione è poi quello del neo capo dello Stato sudcoreano, Moon Jae-in. Grazie al suo contributo,  molto potrà cambiare dal punto di vista della macellazione delle carni di cane. Il presidente ha infatti scelto di adottare Tory, un cagnolino rinchiuso in un rifugio, che diventa così il primo “first dog” della storia del Paese.

Una questione annosa

La questione è annosa: nei mesi scorsi è stato realizzato un video choc, emerso da un’indagine negli allevamenti in Corea del Sud. Qui da diverso tempo si è concentrata l’attenzione delle organizzazioni animaliste, tra le quali quella della Humane Society International (Hsi). Questi ultimi hanno avviato diverse campagne per riscattare i cani, che vengono poi portati nei paesi Europei o negli Stati Uniti.

A fine 2016, l’amministrazione locale della città di Seongnam aveva reso noto che il più noto mercato locale, il Moran Market, aveva introdotto il divieto di commercializzazione della carne di cane sui banchi del mercato. Si era poi scoperto che in realtà il mercato è stato chiuso per essere ristrutturato e creare delle aree, nascoste agli occhi del pubblico, dove macellare i cani. Il dibattito sulla macellazione di cani è aperto anche in Cina. Qui da molti anni vi è un braccio di ferro tra autorità locali e animalisti per bloccare il tristemente noto Festival di Yulin.

Il dibattito in Italia

Nel nostro Paese ad alimentare il dibattito sul tema è l’ex ministro per il turismo nel IV Governo Berlusconi ed ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Michela Vittoria Brambilla. Questa ha da qualche tempo dato vita al Movimento Animalista e di recente ha dichiarato in un’intervista: “Il regno animale ha bisogno di essere tutelato perché da poco è diventato una presenza in tutte le leggi europee. Noi vorremmo che l’animale possa entrare a far parte nella nostra Costituzione come essere senziente“. Il tema sicuramente è caldo e non sono pochi i rapporti che denunciano gravi situazioni, sia per quanto riguarda i maltrattamenti che per quel che concerne l’uccisione di animali.

Nelle scorse settimane, inoltre, era diventata nuovamente oggetto di dibattito pubblico la vicenda degli orrori perpetrati nel macello Italcarni di Ghedi. Si tratta di un caso estremo di macellazione di animali. Qui le mucche venivano trascinate con delle catene, trasportate con un muletto e gettate a terra per poi essere spinte con la forca. L’incredibile vicenda era emersa qualche tempo fa grazie alle immagini registrate dalle telecamere nascoste dalla procura di Brescia e mandate poi in onda su Servizio Pubblico.

Sei sono state le sentenze di condanna nei mesi scorsi, basate esclusivamente sui maltrattamenti subiti dagli animali, ma il pm della procura di Brescia Ambrogio Cassiani ha annunciato ricorso contro la decisione di non aver condannato le persone coinvolte nel processo anche per l’accusa di mettere in commercio carne infetta. Nel processo erano stati condannati l proprietario del macello Federico Osio, dei suoi collaboratori e di due veterinari.

GM

Impostazioni privacy