Le crudeli fattorie delle tigri: chiuse in spazi ristretti, private della libertà

Foto dell'autore

By Benedicta Felice

News

Le crudeli fattorie delle tigri dove quest’ultime sono rinchiuse, per essere impiegate nella produzione di carne e gioielli

Tigre dallo sguardo triste (foto Pixabay)
Tigre dallo sguardo triste (foto Pixabay)

 

Solo il 6% di esse, vive nel proprio habitat naturale, il resto trascorre la propria esistenza in cattività, nelle cosiddette fattorie dove vengono tenuti in condizioni terribili. Stiamo parlando dell’assurdo business che si cela dietro alle tigri, la cui sopravvivenza è messa in serio pericolo dall’avidità commerciale e priva di scrupoli dell’uomo. Un’attività crudele che non può restare nell’oblio.

Potrebbe interessarti anche: Viaggio dell’orrore per dieci tigri dall’Italia a uno zoo in Russia: le loro condizioni

Le crudeli fattorie delle tigri, il terribile sfruttamento della specie a rischio estinzione 

Tigre nel suo habitat naturale (Foto Pixabay)
Tigre nel suo habitat naturale (Foto Pixabay)

Le loro condizioni di salute fisica e mentale sono terribili. Trattati come merce di puro scambio, questi splendidi esemplari sono condannati a lottare per una vita normale, così lontana dal loro destino. La loro specie rientra nelle categorie di un mostruoso traffico illegale che purtroppo si sta diffondendo rapidamente in diversi Paesi dell’Asia e non solo. Sono ritenuti delle risorse, non da preservare e tutelare, ma da sfruttare fino alla più piccola parte del loro corpo. Le loro membra infatti vengono impiegate per la produzione di gioielli e persino di medicine ritenute dei veri e propri elisir. Una di esse è la bevanda denominata “vino di ossa di tigre” utilizzata per la cura dell’artrite e dei reumatismi. La bevanda è considerata così pregiata al punto tale da finire sulle tavole dei ricchi uomini d’affari e dei burocrati.

Potrebbe interessarti anche: Emergenza tigri: “Rischio estinzione entro 5 anni”

Tutto questo ha un prezzo molto alto da pagare perché migliaia di questi esemplari vengono tenuti prigionieri all’interno di fattorie presenti in Cina, Laos, Thailandia e Vietnam. Molti di loro sono collocati in piccoli recinti di cemento e purtroppo sono appositamente malnutriti. Il destino è differente, ma non di certo clemente, per quelli destinati alla produzione di carne. I cuccioli vengono fatti ingrassare appositamente al punto tale che molti non riescono nemmeno a rimanere in piedi. La situazione non è differente per i cuccioli ai quali tocca una sorte terribile. I piccoli vengono allontanati dalla loro madre, fin dalla tenera età, al fine di sfruttarla per la successiva “produzione” di nuovi cuccioli all’allevamento.

Dopodiché, i piccoli vengono portati in un’area dedicata ai visitatori per nutrirli con il biberon e magari scattare qualche selfie. Insomma, un crudele commercio che non riguarda soltanto i Paesi dell’Oriente ma anche dell’Occidente. I grandi felini vengono importati anche dall’Italia, dal Belgio e dalla Germania. Un business raccapricciante che deve far riflettere tutti noi sul maltrattamento che viene riservato a questi splendidi esemplari. La situazione è preoccupante e allarmante. L’avidità umana viene messa al di sopra della vita di un essere vivente. Gli animali sono esseri senzienti, come stabilisce anche la Costituzione, e invece di tutelarli, di garantire una continuità della loro specie, la distruggiamo, ogni giorno.

 

Benedicta Felice

Impostazioni privacy