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La donna non vedente ha con sé una cane guida: cacciati da Uber

Una donna non vedente ha con sé un cane guida: entrambi vengono cacciati da una macchina che fornisce il servizio Uber. Ma non è un caso isolato: ora la donna verrà risarcita con una cifra davvero importante. Il suo cane le rimane accanto.

Un cane guida con un donna non vedente (Facebook)

Le disabilità non sono uno scherzo e dovrebbero essere trattate con i guanti. Ma non per una sorte di pietismo, ci mancherebbe altro. Non siamo qui a fare la morale, ma a cercare il progresso. Dovrebbero essere trattate con i guanti perché portano con sé e al di fuori di sé degli aspetti diversi, i quali implicano un grado d’intelletto superiore a quello esposto nei ragionamenti comuni. Grado che non è stato messo in atto nei confronti di una donna e del suo cane guida, da sempre insieme. Entrambi non sono stati fatti salire su una macchina con servizio Uber per ben 14 volte. Alla fine è arrivato il risarcimento totale, con una cifra spaventoso, ma giusta per il sopruso che ha dovuto subire.

Il cane guida non è ben accetto nelle macchine Uber: la donna risarcita di 1,1 milioni di dollari

Una macchina con servizio Uber (Facebook)

Se i “guanti” non vengono messi per situazioni delicate, allora arriva il risarcimento. Oggi parliamo di una donna non vedente che, tra il 2018 fino ai giorni nostri, non ha potuto prendere il servizio Uber a “causa” del suo cane, guida, che l’accompagna da sempre. Rifiutata perché il quattro zampe non poteva entrare.

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Così si è rivolta a un avvocato. Il suo nome è Lisa Irving, nata negli States. Non ha più voluto digerire le cattiverie, o meglio ingiustizie, che ogni volta si trovava davanti, assieme al suo cane guida, che da sempre l’accompagna perché non vedente. Alle quattordicesima volta ha riportato tutto.

E il responsabile di un arbitrato, tra Uber, e la sua stessa cliente, ha ordinati al gigante del ride-hailing di risarcire la donna con una cifra pari a 1,1 milioni di dollari. Ferita nell’animo. Una ferita inflitta più al cane che a lei. Ma senza il cane come si potrebbe muovere da casa? Con quale spirito viene assunta certa gente?

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Sono le stesse domande rivolta a Uber. L’azienda si è difesa dicendo che la colpa era solo ed esclusivamente da attribuire ai vari conducenti, i quali non hanno avuto un comportamento corretto e giusto nei confronti della donna e del cane. Non è stato dello stesso avviso il responsabile arbitro, il quale ha fatto valere la sua voce e la sua causa, affermando che Uber stesso non forma in modo adeguato i suoi conducenti nei confronti delle tante disabilità sparse nel mondo.

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Davide

Laureato in Scienze della Comunicazione con tesi in Filosofia del Linguaggio. Dal 2017 Iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio. Autore di due libri sul tema del viaggio: "Il cuore arriva dove gli occhi non vedono" (uscito nel 2019) e "Di notte è tutto più chiaro" (uscito nel 2023). Attratto dal mondo degli animali anche grazie alla fotografia, altra espressione del suo essere.

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