Un’isola amatissima, una minaccia silenziosa, un serpente che cambia tutto: qualcosa si muove tra gli scogli e nessuno lo aveva previsto.
Nel cuore del Mediterraneo, dove il vento profuma di piante selvatiche e i tramonti si specchiano su calette nascoste, qualcosa di inaspettato si muove silenziosamente tra le rocce.

Non è una leggenda sussurrata dai pescatori né l’ennesima trovata da social estivi: è reale, si insinua nei muretti a secco, tra le radici degli ulivi, si adatta, si moltiplica. Ha il corpo snodato e gli occhi fissi, ma soprattutto non dovrebbe essere lì.
Nel Mediterraneo un’isola famosissima è stata invasa dai serpenti
Il serpente è arrivato in modo subdolo, aggrappato alla terra dei vasi ornamentali importati da fuori. Non si è nascosto tra le grotte, né si è rintanato in qualche anfratto irraggiungibile. Ha scelto i giardini curati, le zone urbanizzate, i cortili delle villette come punto di partenza. E non è solo. La sua presenza è il risultato involontario di un commercio paesaggistico che ha ignorato del tutto l’impatto sulla fauna locale. Perché quando porti una pianta, non porti solo la pianta.

Il colubro ferro di cavallo non è pericoloso per l’uomo. Non è velenoso, non attacca, non striscia per colpirti nel sonno. Ma è una minaccia. Per l’ambiente, per le specie che c’erano prima. In un ecosistema senza predatori naturali, si è adattato velocemente. Gli esemplari crescono più in fretta, si riproducono con maggiore frequenza, e le dimensioni si fanno più compatte, più mimetiche. Mentre tutti si godono la stagione estiva, lui si muove indisturbato, nei boschi ma anche vicino al mare.
C’è chi ha parlato di “serpenti marini”, chi li ha visti nuotare tra le onde e li ha filmati come si fa con un mostro leggendario. In realtà, si stanno solo spostando. Utilizzano le correnti per colonizzare nuove zone, anche le isolette vicine, dove prima vivevano solo lucertole e uccelli. E quelle lucertole stanno sparendo. Non lentamente: stanno scomparendo sotto i nostri occhi. Perché per ogni colubro che vediamo, ce ne sono altri dieci che non notiamo.
Tutto questo sta accadendo a Ibiza: una delle isole più frequentate dell’estate. Le autorità locali stanno cercando di correre ai ripari: trappole, censimenti, progetti di contenimento. Ma siamo già in ritardo. Lo dicono i biologi, lo dicono i numeri. L’allarme è stato ignorato troppo a lungo, forse perché l’animale in sé non spaventa abbastanza. Ma l’equilibrio naturale sì e sta cedendo.
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Quello che sorprende è dove tutto questo sta accadendo. Non in una terra selvaggia o remota, ma a Ibiza, conosciuta da tutti per le sue notti folli, le sue spiagge da cartolina e la sua natura ancora autentica. E proprio qui, tra un aperitivo al tramonto e una gita in barca, si sta combattendo una battaglia invisibile per la salvaguardia del suo ecosistema. Una battaglia che riguarda tutti noi.