Ha bisogno delle nostre cure ma è possibile chiedere permessi al lavoro quando l’animale domestico è malato?

Si sa che quando gli animali domestici entrano nella terza fase della loro vita solitamente iniziano dei gravi problemi di salute, che costringono loro e i padroni ad adattare le vecchie abitudini alle nuove esigenze. Ma è possibile chiedere permessi al lavoro quando l’animale domestico è malato? La risposta sembra darla la storia di Patrizio e Nana, che è comune a tante altre: si spera in una via d’uscita.
Chiedere permessi (retribuiti) al lavoro quando l’animale è malato: cosa dice la Legge
Quello di Patrizio e il suo cane Nana non è certo un caso isolato, anzi molti si chiedono in caso di malattia del proprio quattro zampe se è possibile avere dei permessi riconosciuti sul posto di lavoro, retribuiti quindi senza essere costretti a scalare un giorno di ferie, quando il proprio animale è malato, come accade per i familiari stretti.

Ma cosa dice la Legge a riguardo? A quanto pare in Italia non sono previsti permessi retribuiti per prestare cura e assistenza ai propri animali domestici, ma non è detto che le cose non possano cambiare (e migliorare).
I permessi retribuiti, ovvero periodi di astensione dal lavoro regolarmente stipendiati, sono finora riconosciuti in caso di:
- lutto,
- matrimonio,
- studio,
- salute (visite mediche e controlli),
- permessi per la Legge 104,
- permessi ROL (Riduzione orari di lavoro).
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Chiedere permessi al lavoro quando l’animale è malato: le storie italiane
Se la storia di Patrizio e Nana fa riflettere e anche avvilire, mentre quella della dipendente di una Università romana che ha chiesto (e ottenuto) un permesso dal suo datore di lavoro per assistere il suo cane che aveva necessità di un intervento chirurgico fa sperare invece che le cose possano (un giorno) cambiare. Patrizio Onori di Asti si occupa col suo compagno della cagnolona Nana, che oggi ha 16 anni e ha tutti gli acciacchi di un cane anziano: demenza senile, dolori osteoarticolari e scarso appetito ed è costretta ad assumere numerosi farmaci al giorno.

Il compagno di Patrizio, che altrettanto si prendeva cura della loro amata quattro zampe, è stato costretto ad accettare un trasferimento del posto di lavoro e lasciare l’uomo da solo ad occuparsi di Nana. Eppure quando Patrizio, ormai da solo a prestarle assistenza, ha chiesto un permesso dal lavoro per curare Nana, è stato guardato ‘come un extra terrestre’ (volendo utilizzare una sua testuale espressione).
Nonostante dunque le numerose campagne che promuovono l’adozione di esemplari ormai anziani con i loro (prevedibili) problemi di salute, Patrizio ha dichiarato di non sentirsi sostenuto dallo Stato né economicamente né psicologicamente.
Eppure la storia della dipendente romana dà qualche speranza: nonostante un primo diniego da parte del datore di lavoro per dare assistenza al suo cane sottoposto a intervento chirurgico molto invasivo, ha presentato istanza motivata che sottolineava quanto il non prestare assistenza al proprio animale domestico possa costituire una sorta di reato di maltrattamento. In questo modo la donna è riuscita nel suo intento e ha ottenuto il permesso dall’Ateneo.
Francesca Ciardiello