Fare la gatta morta: l’origine di questo modo di dire sui gatti

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By Antonio Scaramozza

Curiosita, Gatti

Quante volte abbiamo sentito dire “fare la gatta morta”? Tutti ne conoscono il significato, ma da dove nasce questo modo di dire sui gatti?

Fare la gatta morta (Foto Adobe Stock)
Fare la gatta morta (Foto Adobe Stock)

Gli animali non fanno parte solo della nostra vita, ma affollano anche i nostri proverbi e modi di dire. Il gatto, animale d’affezione per eccellenza insieme al cane, è protagonista di molti di tali detti. Uno di essi è “fare la gatta morta“: ormai tutti ne conoscono il significato, ma qual è la sua origine? Da dove nasce? Scopriamolo insieme in questo articolo.

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Fare la gatta morta: il significato

I proverbi ed i modi di dire che vedono come protagonisti gli animali sono davvero molti; spesso non realizziamo che utilizziamo i nostri amici a 4 zampe per fare un complimento od una critica, essendo ormai, tali detti, entrati a far parte dell’immaginario collettivo e del lessico comune. I gatti sono tra gli animali che più hanno ispirato l’essere umano.

Tra i vari detti che traggono ispirazione dal felino più amato del mondo, si annovera “fare la gatta morta“, un’espressione non proprio lusinghiera, per usare un eufemismo, per la persona a cui la riferiamo.

Quando diciamo che una persona fa la gatta morta, le attribuiamo un atteggiamento di falsità, volto al perseguimento dei propri interessi, spesso dettati da fini egoistici, celato da un atteggiamento di apparente inoffensività, messo in atto per far abbassare la guardia di chi si vuol ingannare.

Insomma, non proprio il miglior complimento da ricevere.

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L’origine del modo di dire

Il significato del detto è noto ai più, essendo molto comune nel lessico della nostra lingua; ma da dove nasce questo modo di dire? Ebbene, “fare la gatta morta” ha origini davvero molto antiche. A quanto pare deriva, o quanto meno è divenuto noto, con “Il gatto e i topi“, celebre fiaba dello scrittore greco Esopo, risalente al VI secolo.

In essa viene narrato di un gatto che, essendo venuto a sapere della presenza massiccia di topi in una casa, vi si reca per farsene una bella scorpacciata. I topi, passato il momento iniziale di sorpresa, si rintanano nelle loro tane, non uscendo più.

Allora il felino escogita un piano diabolico al fine di catturare le tanto agognate prede: si finge morto, lasciandosi cadere penzoloni da un piolo posto nei pressi delle tane. La fiaba ha un lieto fine per i piccoli roditori: non cascano nella trappola escogitata dal gatto, avendone già conosciuto la natura, e svelano l’inganno del cacciatore.

Perché è stato scelto proprio il gatto per esprimere questa caratteristica negativa? Purtroppo il piccolo felino è stato sempre additato quale animale interessato: è luogo comune che l’opportunismo rientri tra i difetti del gatto, e pertanto è stato utilizzato, anche nelle fiabe e nei modi di dire, per esprimere tali concetti negativi.

Da notare anche come il detto venga utilizzato solo e soltanto in versione femminile. Forse sarebbe il caso, da oggi, di declinarlo anche al maschile, alla bisogna; o meglio ancora, di non servirsi più del detto, giacché l’essere umano utilizza gli animali per esprimere caratteristiche negative che invece gli sono proprie.

Antonio Scaramozza

 

 

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